Un maestro a cavallo di due secoli: William Tode e l’encausto
L'ultimo esponente del neorealismo, propulsore del
cubo-futurismo.
Un grande genio che venera l’Arte come suprema forma di
perfezione con un tocco di innovazione e sperimentazione.
Un maestro vivente a cavallo di due secoli: stiamo parlando di
William Tode.
Dedica la sua vita alla costante ricerca di nuove tecniche
pittoriche e colori nel tentativo sempre conseguito brillantemente di sublimare
la sua Musa: l’Arte.
Rispolvera dal passato e modernizza l’encausto (l’antichissima tecnica egizia basata sull’uso della
cera d’api) che consente di dare all’opera maggiore lucentezza, nonché di
preservarla dagli attacchi del tempo. Parleremo più avanti di tutti gli sforzi
e l'impegno del maestro in questa tecnica.
Le sue opere sono esposte nei più importanti musei di tutto il
Mondo: la Galleria di Arte Moderna a Roma; l’Hermitage a San Pietroburgo; i
musei Moscoviti; il Museo di Arte Moderna a Parigi; il Museo di Stato a Praga,
dove si espone una grande opera giovanile del Maestro dedicata all’eccidio dei
“Fratelli Cervi”; oltre trecento opere grafiche sono invece esposte nei principali
musei cinesi.
Un grande talento che ha conosciuto i maestri del Novecento
fautori della rivoluzione dell’Arte, dando vita a quella che noi conosciamo
come arte moderna: de Chirico, Picasso, Wahrol, solo per citarne alcuni.
William Tode nasce a Gonzaga, provincia di Mantova, negli Anni
Trenta.
La sua formazione iniziale avviene in Francia per seguire la corrente impressionista.
Sempre in Francia conosce March, di cui diviene grande amico.
Inizia così la sua collaborazione con la più importante stamperia d’Arte
parigina. Lavora al fianco di artisti come George Braque e Gino Severini;
conosce il grande poeta Jean Paul Sartre ed il regista cinematografico Roger
Vadim.
Il maestro è anche uno sceneggiatore ed ottimo compositore, ma
le sue grandi passioni restano la pittura e la scultura.
Abbiamo avuto l'onore di conoscerlo durante la Biennale di ArteContemporanea di Bari.
Incontro inaspettato nella Chiesa del Gesù a Bari vecchia, dove
era esposta fino allo scorso 15 gennaio la sua meravigliosa monografia “Le
danseuses”, ciclo di opere inedite del 2016 e del periodo parigino.
Il maestro era lì pronto ad accogliere i visitatori, chiunque
essi fossero: appassionati d’arte, studenti universitari, cultori o
semplicemente curiosi.
Un incontro indimenticabile: mentre ammiriamo le sue opere,
fermandoci a cogliere ogni dettaglio, un uomo anziano ci si avvicina dicendo:
“Se gradite posso darvi qualche spiegazione, sono i miei quadri”.
Incredibile!! Poter parlare direttamente con il maestro Tode?!
E quando potrà capitare nuovamente un'occasione del genere!
L’abbiamo colta al volo e ci siamo lasciati travolgere dal
fascino di un maestro d'altri tempi ma sempre attuale.
Un uomo di una cultura immensa, il suo eloquio ammaliante ci ha
fatto volare nel tempo e nello spazio, passando dalla storia, all’archeologia e
all’Arte, filtrate attraverso le sue esperienze personali.
È stato davvero piacevole porgli domande e ricevere risposte su
tutto, un'esperienza che ci ha arricchito profondamente, sia dal lato artistico
che dal lato umano.
Abbiamo conosciuto William Tode come maestro, ma soprattutto
come uomo: è proprio la sua dimensione umana che ci ha colpito profondamente,
quando ci ha parlato dei suoi amori, i suoi amatissimi cani.
Sono tantissimi: Tristano, Elettra, Maria, questi alcuni dei
nomi con cui ha battezzato quelle creature che il maestro ha salvato,
adottandoli da un canile.
Poi ci sono i suoi pastori: William racconta di aver sognato un
cane bianco e bellissimo, ma non riusciva a trovarlo… Eppure lo desiderava, era
sempre stato suo...Finalmente arriva: è Tristano, uno splendido pastore
svizzero.
Ci racconta come lui e la sua compagna amano questi cani fino
alla morte, degnandoli di una sepoltura nel loro giardino di Villa “il Parnaso”
a Gonzaga, da lui disegnata in giovane età.
Poi ci parla del suo grande amore per la musica: ci racconta
che nella sua dimora ha realizzato un vero e proprio auditorium, dove sua moglie
suona il pianoforte, lui si dedica alle sue composizioni, mentre i loro cani
scorazzano ora in giardino, ora vicino a loro.
Il maestro si autodefinisce un “nomade sempre in viaggio per le contrade del mondo”.
Appassionato di archeologia ci racconta dei suoi innumerevoli
viaggi in Grecia, in particolare a Creta dove ha collaborato con la scuola
italiana durante gli scavi archeologici condotti a Festo.
E non solo...Egli si è dedicato anche allo studio della civiltà
Maya e delle sue testimonianze al fine di riportare alla luce una civiltà
purtroppo cancellata dalla violenza dei Conquistadores
europei.
Ricordiamo che il maestro è stato Direttore dell’Ufficio Studi
degli Uffizi a Firenze, nonché docente all'Accademia delle Belle Arti di
Zurigo.
È impossibile riassumere in un solo articolo tutte le
esperienze condotte dal maestro per venerare la sua Fanciulla, così Tode
definisce l'arte.
In questo articolo vogliamo approfondire una tecnica davvero
unica e mistica di cui Tode è stato il primo dopo secoli a sperimentarla, a
comprenderla pienamente e a svelarne i segreti fino ad allora sconosciuti.
Egli afferma che l'artista deve mettere a disposizione
dell'umanità il suo sapere, non è giusto che tenga solo per sé egoisticamente
il valore di alcune scoperte ed esperienze.
L'artista, a volte definito “strano” oppure “diverso”,
addirittura “rivoluzionario”, è dotato di un talento capace di comprendere
l'essenza della realtà e condividerla con l'umanità.
Cenni storici
dell’Encausto
Ancora oggi l’encausto rimane una tecnica misteriosa e ai più
ignota.
La più discussa sotto il profilo tecnico, mise a dura prova
Leonardo da Vinci il quale si cimentó in questa tecnica nel noto dipinto della
battaglia d’Anghiari a Firenze.
Fu una clamorosa sconfitta: il dipinto appena terminato si
sciolse come neve al sole.
Vi chiederete ora perché...Avrebbe potuto mai fallire così un
genio?
Vi spiegheremo più tardi i dettagli della tecnica e perché ha
messo a dura prova persino un grande genio come Leonardo.
Ora scopriamo le origini di questa tecnica.
Il nome Encausto, ovvero pittura a cera, deriva dal greco enkaustos, la cui radice enkaio significa bruciare.
La tecnica si basa sull’uso di colori pigmentati con la cera e
applicati a caldo sull’intonaco o su tavole di legno.
Nonostante il nome di origine greca, la pittura a cera non è
stata inventata né dai greci né dai romani, ma risale probabilmente all’epoca
egizia, come attesta il più antico esempio
risalente al 1400 a.C. custodito nel Museo Egizio di Berlino.
La tecnica ha origini molto antiche: poco è rimasto di tali
opere, però numerose sono le testimonianze di epoca romana.
Gli interni delle abitazioni del sito di Pompei sono decorati
con dipinti murali realizzati con l'encausto.
Degne di nota sono le opere del Fayyum, che hanno preso il nome
da un'oasi vicina alla valle del Nilo, abitata da popolazioni connesse con
quelle dell’Egitto.
L’encausto viene realizzato mescolando i colori con la cera
naturale, ovvero la cera punica.
Perché gli antichi pittori hanno scelto proprio la cera?
Evidentemente essi conoscevano bene la caratteristica della
cera di resistere nel tempo e l'hanno impiegata nelle loro opere, al fine di
renderle fruibili ai posteri attraverso la tecnica dell'encausto.
La cera, inoltre, era un materiale naturale facilmente
ottenibile (cera d’api) e dotata di notevoli proprietà del materiale.
La cera presenta diverse
caratteristiche che ne hanno favorito l'uso in pittura: a differenza di
altri materiali come gli olii - caratterizzati dalla composizione di sostanze
insature - le cere non sono soggette a fenomeni di ossidazione e
polimerizzazione, rimanendo inalterate nel tempo.
Se la cera viene riscaldata questa diventa fluida e può
mantenersi così in soluzione.
La cera è inoltre idrorepellente e solubile solo in alcuni
solventi come la trielina e idrocarburi come la benzina.
Proprio grazie alle sue proprietà di idrorepellenza la cera è
stata utilizzata per formare vernici protettive di manufatti pittorici
particolarmente esposti all'umidità.
Ricordiamo il processo di encausticatura adottato dagli
scultori ellenistici come Prassitele e Lisippo, che dipingevano le loro statue
con colori a cera disciolta.
In Grecia venivano encausticati i fianchi, le carene e le prue
delle navi, sulle quali venivano dipinti grandi occhi apotropaici.
Nel caso delle navi lo scopo della pittura era solo decorativo
e non narrativo per cui l’encausto ben si prestava con i suoi colori vivi e
pastosi, spalmati con grandi spatole di metallo, ad impermeabilizzare nonché ad
adornare le navi.
Come si realizza
l’Encausto?
Encausto è un termine greco che letteralmente significa
bruciare, mettere a fuoco.
Nella pittura i pigmenti, sotto forma di polveri colorate,
possono essere stemperati in diversi medium:
-
in acqua e si parla di tempera o acquerello
-
in acqua ed uovo, tempera ad uovo
-
in acqua e colla,
guazzo
-
in olio di lino, olio
-
nella cera sciolta, encausto
La tempera e l’acquerello hanno la massima opacità, l’olio la
massima brillantezza, mentre l’encausto dona una luminosità vellutata, simile a
quella che si ottiene su un mobile, cosparso di cera e lucidato.
Abbiamo già detto che gli antichi pittori utilizzavano la cera
punica. Come si ottiene?
Per rendere la cera solubile in emulsioni acquose, la cera
d'api viene trattata con la calce che, essendo alcalina, determina la
saponificazione degli esteri della cera stessa.
Perché gli antichi hanno scelto l’encausto?
Non esisteva già l’affresco?
L’encausto risolve una serie di problematiche legate alla
tecnica dell’affresco, come la carbonatazione della calce che determina
l'alterazione di alcuni colori, come la porpora, il cinabro, la cerussa e
l'orpimento, a causa della reazione della calce con l'aria.
Con l'encausto è possibile utilizzare tutti i pigmenti presenti
in natura.
Un altro vantaggio di tale tecnica è quello di conservare i
colori brillanti ed inalterati nel tempo grazie all'uso della cera.
La scelta del tipo di supporto è fondamentale nella riuscita di
un buon encausto.
I supporti migliori sono quelli rigidi e compatti, come il legno,
l’intonaco e la terracotta. Di qualità inferiore sono gli encausti condotti su
tela o su carta, perché hanno una maggiore assorbenza.
La cera punica viene sciolta e mantenuta a temperatura costante; si getta una
cucchiaiata di cera bollente sul colore della tavolozza, si mischia e si
dipinge.
Ultimato il dipinto viene steso un velo uniforme di cera su
tutta la superficie dipinta e poi lasciata asciugare e rapprendere.
L'ultimo passaggio è quello più difficile e delicato, consiste
nel riscaldare il dipinto e passare alla lucidatura.
Il calore consente di ammorbidire il film pittorico e di
portare in superficie maggiori quantità di cera. Il fuoco non deve essere
troppo intenso altrimenti provocherebbe lo scioglimento e una colatura. Dopo
una breve attesa si procede alla lucidatura con un panno morbido.
Leonardo si era cimentato in questa tecnica per amore verso le
tecniche pittoriche antiche:aveva stemperato i pigmenti colorati nella cera
sciolta dal fuoco e proceduto alla stesura pittorica. In seguito, riscaldando
la parete affinchè il colore si amalgamasse perfettamente e potesse poi, una
volta rappreso, essere lucidato vide cera e colore sciogliersi miseramente. Per
il pittore fu un episodio amarissimo ed indimenticabile.
Il muro, a causa della presenza di cera, era impraticabile e
venne coperto da altri mattoni e da altra malta per essere poi utilizzato da
Vasari per i nuovi affreschi che oggi ammiriamo.
Opere di Tode realizzate
con l’encausto
Il maestro si è dedicato per anni in uno studio solitario di questa tecnica,
sin da quando ha potuto ammirare le opere del Fayyum al National Museum.
Il maestro dichiara di aver trascorso ore ad ammirare tali
capolavori che racchiudevano tutta l'esperienza degli antichi pittori egizi.
I tentativi condotti da Leonardo e Raffaello nello sforzo di
comprendere appieno la tecnica furono seguiti da un periodo in cui nessun
artista sembrò più interessato all'indagine dell’encausto.
Tode, affascinato da
queste opere meravigliose, decide di studiarla a fondo e iniziare la
sperimentazione.
Così racchiude i suoi risultati in una serie di manoscritti che
decide, superati i sessant'anni, di condividere, come egli stesso afferma, con
l'umanità.
Secondo William Tode l’encausto appartiene al patrimonio
culturale e storico dell'uomo e per questo ha deciso di collaborare con
l'azienda produttrice di colori “Ferrario Color” di Bologna per produrre a
livello industriale colori per artisti ed, in esclusiva, quelli per la pittura
ad encausto insieme al corredo degli stucchi preparatori per i diversi tipi di
fondi, di tela, tavola, oppure su muro.
Inoltre, ha collaborato alla realizzazione di tavolozze di
metallo con i relativi scodellini per i colori e la piastra radiante per
mantenere la temperatura costante sui 50°C, in modo da preservare la pastosità
dei colori.
È stato un lavoro intenso di ricerca e sperimentazione tra il
maestro e gli esperti chimici del laboratorio della Ferrario.
Per il successo di tale tecnica è fondamentale la mestica,
ossia la preparazione adeguata del supporto pittorico.
Tale preparazione ha una grande importanza, poiché essa può determinare la
resistenza, la durata e la resa pittorica del dipinto.
Il maestro Tode, dopo numerose sperimentazioni di diversi
supporti di mestica per l'encausto, ha scoperto che il migliore preparato
assorbente è lo stucco preparato con mastice di caseina miscelato con gesso da
doratori, o bianco Meudon, con l'aggiunta di colla di coniglio e un po’ di
latte magro.
Successivamente si applica un secondo strato con l'aggiunta di
un po’ di terra di Siena naturale ed, infine, un terzo strato di stucco con
l'aggiunta di terra rossa.
Su questa mestica il maestro ha disegnato con pastelli a cera e
ad olio.
Numerose le opere ad encausto, tra cui il ciclo del “Tristano”
e di Santa Teresa.
Dominante è anche il tema della cristianità, con la
Crocefissione.
Ma vi sono anche le opere dove l'encausto si unisce ai
dettami del Cubofuturismo: tra questi vi sono Flamenco, Tango, Fantasie
dinamiche di una pianista, quest'ultima dedicata alla moglie, pianista e
compositrice.
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